lunedì 17 settembre 2012

UN MILIONE



Secondo me è meglio non fare troppo affidamento sulla lontananza disse il Ragazzo Corvo.
Haruki  aveva ragione.
L a mia lontananza era stata inutile sotto molti punti di vista.
Non era servita, ad esempio, a far svanire in me il senso di inadeguatezza nei confronti della vita. Di quella vita che produce e consuma. Io sapevo produrre parole e consumare parole. Quanto costano le parole al grammo? Non lo sapevo e ancora non so quantificarlo. Haruki aveva ragione. Km di distanza moltiplicati per il numero dei giorni in cui ero stato lontano da casa davano un risultato insulso. O almeno io di quel risultato non sapevo che farmene. Forse un commercialista avrebbe potuto ricavarne un’improbabile dichiarazione economica per qualche sussidio. Un sussidio per i “distanti” – Questo ragazzo è così distante… data la crisi economica lo stato dovrebbe provvedere… degli ammortizzatori per sostenerlo data la fascia sensibile..bla..bla…bla…
Oppure un avvocato avrebbe potuto farmi risarcire- questo ragazzo ha fatto affidamento sulla lontananza per riprendersi quella porzione di vita che gli spetta. Ha percorso km e km per sentirsi lontano, ma la vita lo ha seguito impedendo che ciò accadesse concretamente. Il mio assistito chiede quindi di essere risarcito per un totale di 10 grammi di parole dalla parte imputata vita perché non ha potuto godere dei benefici della lontananza ai quali egli ambiva col fine di garantirsi adeguatezza e ristoro presso una nuova vita che non consuma e non produce, semmai avvicina ed allontana. Sì perché il mio assistito cercava di allontanarsi dal suo unico ruolo possibile in quella vita , ossia quello di produttore e consumatore di parole. No Vostro Onore, lui non anelava tale progetto di vita , bensì si allontanava da questo. E la vita qui imputata sovente lo seguiva. Non lo lasciava andare. E oggi lui chiede che questo suo progetto possa andare avanti senza più disturbo. Chiede che gli vengano risarciti i danni  generati dal tempo perduto e pagati i costi affrontati per la mia onerosa parcella. Tutto per poter ritornare finalmente alla sua tanto ambita lontananza, per sentirsi felicemente distante.
Commercialisti e Avvocati permettendo, Haruki aveva ragione.
E soprattutto io continuavo a non sapere cosa farmene di quel risultato: Un Milione.
 Poi capii.
 Ero scappato da casa 100 giorni prima. Avevo percorso 10.000 km. Avevo un milione tra i piedi o sui piedi . Avevo un milione sulle spalle. Avevo un milione nei polmoni e nella bocca. Avevo camminato senza mai guardarmi dietro. Avevo portato pesi senza mai lamentarmi o accasciarmi al suolo. Avevo risparmiato fiato e parole. Per km e km…                                                      
Avevo un milione negli occhi che non avevo mai chiuso. Avevo un milione stretto nelle mani indurite dai calli. Sono piccolo e per me un milione è grandissimo. Ero felice di sapere che ero diventato grande.
Haruki aveva torto marcio.

domenica 12 agosto 2012

POLAROID


sono un po’  malinconico
mi manco
e non so che fare
se non pensarmi
e farlo ancora
con l'aiuto della musica
che mi indica la strada
per ritrovare i miei ricordi più cari
polaroid
costanti polaroid
che cadono dal soffitto
come una pioggia di ricordi
che mi fa affogare
ma la cosa
strana
è che
non c'è acqua
come si può affogare senza acqua
mi chiedo
così
poi
capisco
e riparo
e per ogni polaroid
tiro fuori
una lacrima
e quel mare di ricordi

diventa un mare di lacrime
e quella pioggia
di foto
si trasforma
in un mare di lacrime
in cui io resto sospeso
senza più dubbi
posso galleggiare
a braccia aperte
senza affondare
posso vedere il soffitto
e considerarlo cielo
posso chiudere gli occhi e considerarli come l'origine del mare
e capire , infine, in un solo istante
che io sono il cielo
che io sono il mare
che io sono il mondo
che nelle polaroid ho immortalato
per tenerlo con me
per averlo in prestito ogni qual volta voglio
per poter nuotare
in lui
e in me
fondendomi
liquefacendomi
e oggi so una cosa che ieri non sapevo
quando sono triste e malinconico

sono grande come il mare
sono fluido come l'acqua
sono alto come il cielo
sono vecchio come un ricordo
e tutto ciò
un istante dopo
mi fa sentire benedetto
per essere sempre più pieno
di una sensazione
che per quanto io non sappia capire
mi rende simile al mondo
senza fare lo sforzo di essere diverso da quello che sono
è poco
è semplice
ma sono io
e se io sono il mondo
se io sono il mare
infondo
è tutto quello che basta
per  sentirsi pieni
e non avere più bisogno
di cercare
risposte
al di fuori di me.

mercoledì 8 agosto 2012

cieco


occhi di fuoco
mani d'arpione
nella trappola del piacere
dissipo ogni mia sete
disseto ogni mio godere
solo nel termine del giorno
spengo i miei occhi nell'alba di occhi altrui
per sentire dentro di me l'immenso abbraccio della notte

domenica 22 luglio 2012

forbice


Ho appena preso le forbici. Le ho posate sul tavolo, qui al mio fianco. Scrivo come è giusto che si scriva, solo ,al buio. E non mi interessa di essere andato via da una mandria di persone. Io ho altro a cui pensare. Ho le mie forbici che non possono attendere oltre. Ho le mie parole che sibilano nel buio. Ho me e questo basta. Possibile che non mi dispiaccia essere praticamente fuggito dalla serata di ballo? Tutti si divertono col ballo, ubriacandosi , strusciandosi , regalandosi sguardi. Io non c’entro niente. Io non ho che le mie forbici. Io probabilmente sarò ucciso per quel che ho fatto. Io sono solo perché nessuno può sapere la verità. Si è soli quando si è riservati, amanti indissolubili e testardi della propria verità. Ma almeno sono libero nella mia prigionia. Agonizzante sì, ma nel mio sangue. E io in quella gente vedo sangue misto che mi terrorizza, una voglia di finire negli altri fino a scuoiarli come se si sentisse il freddo dell’isolamento che dal di dentro scalpita per evadere , ancora una volta , e ancora. Ecco perché le forbici. Per difendermi da questo ricordo ingombrante del mondo. Per recidere la stupida idea di essere così anche io. Io che ballo e sorrido, io che mi spingo nella voragine di un seno prosperoso e ci nuoto dentro, io che affogo nell’imbarazzo di un piacere a me proibito. Questa normalità è devastante. Il sesso è bello , ma richiede il corpo. Ed io corpo non avrò più dopo questa notte. Sapete cosa farò . Prenderò le forbici così vicine alla mia mano. Le farò divaricare come cosce snelle e atletiche. Le innalzerò come una croce. Le offrirò a un dio mio , un dio-puttana, da una botta e via, un dio che serve ora e mai più. Un dio giuda, senza speranza , un dio offeso senza pudore, un dio acrobata cadente, un dio mio, perché si muore invano senza dio. E nella solenne attesa del sacrificio penserò a loro lì fuori, giustamente ignari che l’uomo muore ancora. Ma come non dargli ragione: l’essere umano che muore è la cosa più banale a questo mondo. La vita è misteriosa, non la morte. Nulla ne sappiamo se non il nostro parere da viventi.  L’attesa cesserà per un finale ignoto ai miei stessi occhi. E fiotti caldi di sangue sgorgheranno , zampilli come fontane di versaille, per la rivoluzione tanto attesa dell’uomo triste in vita che infine riderà, senza rancore, rendendosi la morte.
Io sono quell’uomo. Ma voi di un uomo così potete solo averne ribrezzo, o magari riderne.

venerdì 13 luglio 2012

sconfitto da una sommatoria spietata... la mia media è zero, la mia varianza uno. Servono esponenti troppo alti per spiegare cosa si prova quando ti trovi così vicino ad uno zero che non è origine ma solo la terra franca tra + e -